Le linee guida della nuova (in tutti i sensi) giunta comunale di Roma sul tema della “Crescita Culturale” delineano un metodo di lavoro ed indicano alcuni primi obiettivi.
La recente storia politica e amministrativa della Città ci consegna uno scenario culturale statico e conservativo, platealmente divaricato tra passato straordinario, presente inadeguato e assenza di visione futura; una realtà frutto di dinamiche storiche di governance prevalentemente oligarchiche e consociative, concretizzatesi soprattutto in termini di continuismo speculativo delle modalità di relazione e dei meccanismi decisionali.
Nella sostanza, da decenni, le voci attenzionate dai ruoli del potere risultano essere state quasi sempre le stesse e le opportunità quasi sempre solo per gli stessi interlocutori, per lo più amici accreditati, in una logica funzionale a consolidare il controllo sostanzialmente clientelare di un proprio bacino di consenso, quanto penalizzante la fertilità contaminante di una vera offerta pluralistica.
Modalità e meccanismi faziosi e capziosi, diffusamente condizionati e subalterni alle stesse logiche che, però, oggi sono stati drasticamente messe in discussione sul piano della rappresentanza politica, con le chiare indicazioni popolari emerse nel voto del 19 giugno.
Questo significa che se la politica romana ha ricevuto un chiaro messaggio di radicale rinnovamento complessivo – in buona parte frutto più dei demeriti esasperanti accumulati dalla sommatoria dei perdenti, che di oggettive ragioni o meriti dei vincenti (realisticamente ancora non potuti valutare sul campo) – lo stesso “messaggio” deve essere contestualmente reindirizzato anche alle altre forme del sistema organizzativo sociale e istituzionale.
Per cambiare realmente lo status quo, occorre mettere in discussione anche quei “poteri” da decenni stagnanti nella propria autoreferenziale rappresentanza, garantita dal sistema stesso e mai messa in discussione, anche perché non dotati dell’anticorpo di un pubblico e democratico processo elettivo, come invece potuto accadere per il sistema politico.
Le linee guida della nuova giunta capitolina sembrano voler cogliere, in chiave positiva e costruttiva, questa inderogabile condizione di riforma.
Diversi i punti chiave.
Cultura come diritto fondamentale plurale e condiviso con tutta la cittadinanza, condizione indispensabile per il progresso sociale e volano straordinario per una economia sana e sostenibile.
Cultura come valore non misurabile in termini commerciali e monetari, bensì capitale sociale per lo sviluppo dell’economia, attraverso l’uso del patrimonio pubblico che riconosca il contributo della partecipazione culturale alla crescita civile e sociale.
Cultura come strategia condivisa per lo sviluppo di Roma, con il coraggio di discutere in modi diversi, tra persone oltre i confini delle organizzazioni e dei ruoli, per far convergere risorse ed energie verso obiettivi decisi insieme ai Cittadini, con la partecipazione di chi lavora con/per la cultura, fuori e dentro l’Amministrazione Capitolina; strategia che prenda corpo nel corso del mandato e resti a disposizione per il futuro.
Cultura come sistema integrato tra i diversi soggetti istituzionali, locali, nazionali ed internazionali.
Cultura come coesione interculturale, per un equilibrato rapporto tra identità culturali e cambiamento sociale.
Cultura come rete diffusa di presidi che, nella loro autonomia, divengano luoghi nevralgici per l’esplorazione di nuove frontiere e vecchi saperi, della tecnologia applicata all’espressione artistica, dell’interazione tra pubblico e creazione; luoghi di gioco e di apprendimento.
Cultura come patrimonio che – come indicato dal Consiglio dell’Unione Europea sulla base dei principi stabiliti nella Convenzione di FARO nel maggio 2014 – attraverso una Governance partecipata, svolga un ruolo fondamentale nel creare fiducia e stimolare la partecipazione dei Cittadini, migliorando qualità della vita e benessere della Comunità, sperimentando modelli di gestione del territorio e del patrimonio minore che vedano i Cittadini protagonisti, accompagnati dalle eccellenze di cui Roma è ricca.
Cultura come nuova creazione capace di prendersi cura della bellezza ereditata, tornando ad inventare, creare, esplorare con eguale ambizione, per far tornare Roma capitale culturale mondiale, Città in cui la capacità di sviluppare, creare, produrre conoscenza, beni e servizi culturali, siano al cuore del suo sviluppo, attraverso l’utilizzo coordinato degli spazi comuni insieme ad una politica di branding.
Se questo accadrà, in un processo realmente inclusivo e partecipativo quanto responsabilmente pubblico e trasparente, Roma potrà tornare a scoprire ed a far emergere tutte le sue ricchezze sommerse, a rigenerare nuove economie, a ritrovare una sua identità capace di coniugare fertilmente cultura alta e cultura materiale, per affermare, in un rinnovato marketing urbano, le ragioni della sua capacità di eterna innovazione (che l’hanno resa per oltre 2000 anni la Smart & Maker City Caput Mundi) in grado di sviluppare tutte le sue straordinarie potenzialità gLocal.
Per far questo occorre l’impegno intellettualmente onesto di tutti coloro che credono in una politica fondata sul valore dei contenuti, anziché sulle mere appartenenze.
Non provarci ora sarebbe un peccato per tutti noi romani per bene.
Il “piano di sviluppo” per il #MadeinRome ha, in questi anni, colto le ragioni e delineato le potenzialità culturali ed economiche per la Città in chiave di Creatività, Saper Fare & Innovazione, attraverso un percorso dal basso, vero, condiviso, inclusivo e partecipato, riassumendo analisi, obiettivi e metodo in un Manifesto di progettualità e di operatività politica, coraggioso e concreto, che viene messo a disposizione del programma di sviluppo della Città e di chi è stato chiamato – con esplicita domanda di complessivo radicale rinnovamento – a governarla per i prossimi anni.
Carlo d’Aloisio Mayo