Giancarlo Santelli

“I commedianti d’un tempo non potevano fare niente se non conoscevano tutto”

L’incontro avviene di domenica mattina, organizzato da Marco Luly – attore autore e regista, cofondatore con Luciana Codispoti dell’Associazione Culturale “Luoghi dell’Arte” di cui è direttore artistico – in collaborazione con l’architetto Dionisio Mariano Magni e Carlo d’Aloisio Mayo, imprenditore artigiano, rispettivamente presidente e vice-presidente del Consorzio FaròArte per il ‘Made in Rome’. Convergendo dai vari punti di partenza ci ritroviamo, dopo attraversamenti più o meno caotici, nella tranquilla piazzetta antistante il magnifico palazzo baronale e l’ingresso a volta che conduce al borgo, e un senso di straniamento comincia a farsi strada allontanandoci dal ‘reale’ per introdurci in altra dimensione.

Ci troviamo a Mentana in provincia di Roma, in Piazza San Nicola 3, e il maestoso portale che stiamo per varcare ci condurrà nel teatro/laboratorio, sede dell’associazione Il Trovatore-Maschere e Burattini, dove ci attende il leggendario Giancarlo Santelli, tra i più valenti ed esperti mascherai prosecutori della tradizione italiana. Un pensiero passa rapido e felice: Mentana, associata alla storica e sanguinosa battaglia fra papalini e garibaldini, forse sarà nominata – e ricordata – anche per la stoica resistenza di un personaggio fra i più rappresentativi della storia della commedia dell’arte e dell’artigianato in Italia, che qui risiede e lavora.

L’interesse si acuisce al cospetto del maestro circondato dalle sue opere che ci accoglie sornione e sull’avviso, maschera tra le maschere tutta da decifrare. Non ha tempo da perdere né vuole essere annoiato, il messaggio è chiaro e chiaramente recepito e ad esso ci atteniamo: tempi e modalità dell’incontro saranno stabiliti dal padrone di casa. Il quale subito soddisfa la nostra evidente curiosità presentandoci i personaggi esposti che ci dice essere copie di maschere realizzate per spettacoli vari, vendute e utilizzate e anche rubate, perché pure questo succede. “Non ve le fate rubare, non ne faccio più” il suo avvertimento tra l’ironico e l’amaro.

E intanto riemergono memorie e Memorie (di Adriano), i diversi generi teatrali, quelli che reggono e quelli che stentano, e tutto si anima fra quelle mura che traspirano secoli e storia, tutto preme per essere detto e riflettuto in una chiacchierata informale a più voci, ma resta l’intento di cogliere tra le pieghe delle tante espressioni del maestro quella più autentica, quella celata e senza maschera. E buttiamo lì una domanda cui poche altre ne seguiranno, non ce ne sarà bisogno. Inizia così il ripasso di un vissuto ricco e sofferto che tanti altri ne abbraccia, ponendosi a testimonianza di un’epoca fra le più tormentate e rivoluzionarie, mentre il tempo sembra annullarsi. Tre ore volate via cariche d’insegnamento e di profonda umanità – ‘piezz e core’ – che integralmente assorbiamo e di cui riporteremo l’essenziale. Chiudendo con una domanda che attende risposte.


intervista a Giancarlo Santelli

Maestro, ci parli di lei, nato in tempo di guerra nel meridione. Della sua infanzia, della sua formazione, dei lavori che ha svolto.

“Ci tengo a dirlo: vengo come pastore di pecore. 9mila lire al mese la paga più alta. Mangiare e bere e dormire per terra. La scuola a salti, ho fatto la terza elementare. Nel 1960, avevo sedici anni, inizia in pieno l’emigrazione dal sud. Torino, Emilia Romagna, Milano. La Magneti Marelli, la Pirelli, la Fiat. Milano la città più ospitale. Tre anni in Emilia Romagna, la regione più potente di cultura e di arte, basti pensare a povero Giuseppe (Verdi) e tutto il resto. Sei anni di vari lavori, dal ’60 al ’66. Non erano più le pecore, erano le fabbriche, piccoli artigiani, tanti mestieri. Per pagare l’affitto e mangiare. Come tanti altri nelle mie stesse condizioni sono stato ospite dei Gesuiti, la Casa di Gesù era a Parma, famosissima. Tanti elementi, varie occupazioni, la sera si studiava. Musica, poesia, tante cose. Ho avuto contatti, rapporti con tante persone. Un giorno sono andato a trovare Giovannino Guareschi. Giravano film ed io andavo a chiedere se poteva aiutarmi. Guareschi è stato gentilissimo, mi ha regalato pure cinquecento lire, ma disse che lui non c’entrava niente con la produzione. Al paese dove stava Guareschi, Roncole di Busseto, c’era il Teatro Verdi. Mi preparai, con l’aiuto di persone disposte a insegnare, e presi la terza media perché mi occorreva per accedere all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, tra le più antiche sovvenzionate dai signori milanesi. Due anni d’Accademia. Poi dieci anni di gavetta in televisione come generico. Il mio ‘bagaglino’ confluisce in varie direzioni.  Concludo l’attività di teatro artigianale nel 1980”.

Chi e che cosa più ama ricordare di quegli anni? quando e come inizia la sua attività di mascheraio e burattinaio?

“Il Masaniello, Dario Fo, il teatro tenda, il Circo Medini, il laboratorio alla Fiera di Roma gestito dal circo, gruppi che venivano a provare. Chiudono i cinema, chiude Cinecittà e muore una nazione, la riscoperta di Totò, Macario e la sua Compagnia, Riccardo Billi. Intorno al ’75 vengo via da Milano con una compagnia dialettale e dalla Sicilia dove avevo allestito uno spettacolo a Catania – ‘I giganti della montagna’ – me ne venni a Roma al teatro Eliseo. Lì mi presentarono Edoardo De Filippo – non sapevo fosse così bravo! – che mi prese come mascheraio. Lui aveva fatto Pulcinella in vita sua e, conoscendo conoscendo, mi ha inserito nelle commedie. Abbiamo fatto cinque commedie in televisione con De Filippo. Responsabilità e mestiere, anche quella una grande esperienza. Tramite Luigi Magni conosco Gigi Proietti. La vita di Gaetanaccio al Brancaccio nel 1979 fu un successo enorme. Passo ad allestire questo spettacolo di Proietti, allora forte come adesso, e facevo maschere e burattini ma avevo anche un ruolo nella parte di un soldato che muore. “Eo me muoro!” in dialetto  pugliese, battuta applauditissima, ma non m’interessava più recitare perché entravano i nuovi attori, nuove scuole. I nostri spazi prosciugati. Non avevo più laboratorio né soldi per vivere, dormivo nella mia Fiat 850 targata Milano, mi arrangiavo nella zona del Colosseo. L’ammazzamento di Moro, scontri, Roma completamente a soqquadro e tutto questo fa teatro, un mosaico di piccole e grandi cose. Venti anni di scenografia, casa e bottega, lavorando di notte alla Motta per la campagna panettoni, come tanti altri giovani, specialmente stranieri, studenti universitari.

Le sue maschere, i suoi personaggi: che materiali predilige per realizzarle, per quali caratteristiche?

Pasta di carta per prototipo, la resina non si deforma, il lattice rinforzato dura anni, ma il cuoio è preziosissimo, difficile da lavorare.

Intende tramandare tanta esperienza e tanto sapere? come pensa di tutelare e rendere fruibili le opere qui esposte, questo immenso patrimonio culturale?

Una domanda che rimane sospesa. Non lo so… l’allievo fa il maestro: vengono per imparare e credono di sapere già tutto. Non ci sono le persone, non c’è più l’uomo per fare questo. Qui c’è la rabbia. Non si fa drammaturgia, solo teatro lirico sovvenzionato: quello non è nocivo, non dice niente. La poesia di Brecht schiacciata dal potere di oggi. Vuoto. Qui casca il Rinascimento. I commedianti di un tempo non potevano fare niente se non conoscevano tutto. Questo locale, una cantina, l’ho aggiustato io anche per la sicurezza. Nel 2006 fui ‘graziato’ dalla regione Lazio: la concessione di 10.000 euro tramite il comune. Non sono mai arrivati.

Marco Luly con il Maestro Giancarlo Santelli

La regione dice di non aver mai ricevuto la richiesta, il comune sostiene di averla inoltrata. Soldi deviati che non sono stati tolti a me ma al popolo di Mentana. L’ignoranza produce anche questo. Le sovvenzioni devono essere coraggiose. Sono qui dal 1994. Questa è la chiave. Faccio fatica a dirlo, ma io qui pago l’affitto. E qui è aperto a tutti, si fanno attività per tutti: laboratorio, eventi, mostre, spettacoli, visite didattiche. La nostra associazione – Il Trovatore – fondata nel 1986, quanto lavoro ha svolto! Alla biblioteca comunale di Monterotondo c’è il piccolo teatro dei burattini fisso.

Trovare una qualche forma d’investimento per una mostra permanente, in questo o altro spazio debitamente attrezzato e protetto, pubblico o privato che sia?

Anche privatamente, perché no?

intervista a cura di Maria Lanciotti

3 comments for “Giancarlo Santelli

  1. grazie Marco, sono grata a tutti voi per la bella opportunità che mi è stata offerta. incontrare persone e personaggi che pongono la loro vita al servizio della creatività in tutte le sue espressioni è un privilegio. la lezione di vita e artistica del Maestro Santelli dovrebbe essere recepita e riflettuta da chiunque abbia a cuore il senso dell’umanità che ci sta sfuggendo e l’importanza della cura e trasmissione della cultura in senso lato, come patrimonio comune.

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