Roma è una Metropoli, la maggiore Città d’Italia per numero di abitanti e superficie di territorio urbanizzato.
Il “Rapporto sull’Artigianato Artistico e Tradizionale del Lazio” del 2011, rileva che nel settore non prevale uno specifico comparto; infatti, a differenza di quanto avvenuto in altre regioni, l’AAeT non ha specializzato distretti territoriali, né si è innestato ad indotto di produzioni ad elevata serialità. I prodotti dell’AAeT Laziale sono venduti in ambito regionale (oltre il 76%) e solo pochi artigiani operano sul mercato nazionale, mentre sono casi molto rari quelli presenti sul mercato internazionale.
Nel 2010 il 61% delle botteghe intervistate producevano redditi di sussistenza, con fatturati inferiori a 30.000 euro l’anno e solo il 15% fattura al massimo 60.000 euro l’anno.
I dati estrapolati dall’indagine della Regione Lazio (forza lavoro, ideazione, materiali impiegati, processo produttivo e produzione in serie) evidenziano un consistente e costante zoccolo (75%) di botteghe di AAeT in difficoltà e con scarse opportunità di crescita.
Come mai invece resistono ? Perché l’AAeT è un settore vivo, costituito per la maggior parte da giovani artigiani motivati; quasi la metà delle imprese intervistate è nata dopo il 2000, mentre il 10,9% sono le ultra-trentennali. La grande maggioranza degli operatori intervistati ha intrapreso da zero l’attività. E’ marcata l’identificazione fra imprenditore e impresa. La formazione è avvenuta spesso con percorsi scolastici strutturati.
Il lavoro artigiano costituisce una delle tipicità storiche per cui il nostro Paese continua a rappresentare una meta esclusiva d’interesse per imprese, giovani talenti del design, stilisti e artisti di tutto il mondo. È una delle grandi potenzialità per una ri-collocazione originale sulla scena internazionale. Il nuovo artigianato, non solo in Italia, è alla testa di un movimento che si propone di ridefinire le categorie dell’innovazione e del consumo.
Questa capacità di dialogare con il “mondo sensibile” rappresenta una straordinaria risorsa anche in campo economico. In un’economia popolata da diplomati e laureati – attratti dalla finanza e dalla consulenza e quindi senza particolare dimestichezza con i vincoli e le opportunità del mondo materiale – il valore del lavoro artigiano cresce sensibilmente.
Va da sé che l’accezione di “Artigiano” è quella di chi è in grado di dominare un dialogo fra saperi astratti e pratica. In questo senso la parola “Artigiano”, più che indicare una lista di mestieri ben identificabili sulle tabelle dell’Istat, assume la connotazione di aggettivo che qualifica in senso positivo una serie di attività che richiedono un dialogo serrato fra azione e riflessività. (da “Il Futuro artigiano” autore Stefano Micelli – ed. Marsili)
Secondo Chris Anderson, la prossima rivoluzione industriale sarà guidata da una nuova generazione di piccole imprese a cavallo fra l’alta tecnologia e l’artigianato, capaci di fornire prodotti innovativi, altamente personalizzati, in scala limitata (…)
Bisogna lavorare nella direzione di un profondo cambiamento di prospettiva. La tradizione artigianale deve dimostrare di sapersi confrontare con la sfida dell’innovazione e della globalizzazione.