Documento elaborato per la presentazione della proposta al Sindaco di Roma, ing. Andrea Alemanno
Gruppo di Lavoro: Artigianato Artistico di Confartigianato Imprese Roma
Autore: Dionisio Mariano Magni – Architetto.
Nell’affrontare il tema di come sostenere i mestieri artigiani ed in particolare quelli di carattere artistico, si deve rimuovere la diffusa convinzione che l’artigianato scompare poiché metabolizzato dalla produzione industriale.
L’artigianato e quello artistico in particolare prima di essere settore produttivo è fatto culturale, in quanto espressione della storia di un popolo, riconducibile agli aspetti etno-antropologici di un territorio e del suo ambiente.
Rappresenta quindi una delle sfide contemporanee più importanti che il processo di globalizzazione in atto pone, relativamente alla trasmissione della conoscenza tecnica di eccellenza e del pensiero che la ha prodotta.
L’artigianato risulta quindi inefficace a produrre risultato economico costante ed atemporale, quando si identifica unicamente in un processo di produzione di beni senza valore aggiunto.
Infatti qualsiasi bene è prodotto per soddisfare un bisogno ed al termine della sua vita o quando la funzione per cui era stato prodotto termina, soltanto possedendo del valore aggiunto, ad esempio “artistico”, continuerà a vivere, perché l’arte conserva il suo valore e gli conferisce un significato che va oltre la funzione per cui è stato realizzato.
Si pongono pertanto due problemi:
- il riconoscimento del valore aggiunto di prodotto di eccellenza realizzato mediante tecniche di alto livello ed autentica espressione creativa.
- la trasmissione di conoscenza e competenza alle generazioni successive.
Le variabili a cui attribuire i giusti valori per identificare la soluzione del sistema sono:
- Conservazione
- Valorizzazione
- Innovazione
Il patrimonio culturale di Roma è incommensurabile. Appartiene alla città ma è anche patrimonio dell’Umanità e la sua conservazione oltre che un obbligo ed un impegno costante, rappresenta un giacimento inesauribile a cui attingere da parte di chi esercita un mestiere d’arte rivolto alla conservazione; è del resto noto che molte tecniche sia costruttive che decorative impiegate nel secolare rigenerarsi della città siano proprie di Roma, come del tutto autoctone sono alcune tipiche espressioni del costume o forma di oggetti e suppellettili.
Tutto ciò non è stato mai adeguatamente valorizzato, ed è comune pensiero che non vi possa essere valorizzazione di un bene se non come fatto succedaneo all’azione di restauro. Tale modo di pensare riduce il bene a semplice oggetto, che acquista valore solo in funzione della capacità di attrazione estetica che può esercitare, pur necessaria ma non primariamente indispensabile, poiché è la valorizzazione della cultura che ha prodotto quel determinato bene che lo rende riconoscibile come espressione d’arte.
Innovare in una città come Roma, che i più pensano, per antonomasia, si identifichi nella conservazione, sembra essere una dicotomia insanabile. Eppure se ci si sofferma a considerare che in tutto l’arco della sua storia la città non abbia fatto altro che rinnovarsi, ad esempio metabolizzando se stessa nel passaggio della città repubblicana alla imperiale, poi alla medioevale e poi rinascimentale e poi barocca ed ancora a Capitale d’Italia, ecc., non si può non dedurne che conservazione ed innovazione qui sono due facce di una stessa medaglia e che non può darsi una cosa senza l’altra perché ambedue sono espressione di una stessa cultura: quindi è partigianeria, difesa di casta, campanilismo, negare l’una cosa per affermare l’altra.
Conservazione, innovazione e valorizzazione, in una realtà globale, rappresentano le tre luci che permettono d’identificare i caratteri culturali del territorio che hanno alimentato la città, e tenendole vive contemporaneamente ci sarà la luminosità necessaria allo svolgimento di un proficuo lavoro.
Ma il lavoro da compiere si presenta con tre sfide da accettare:
- La prima è rappresentata dalla trasmissione di conoscenze e competenze,
- La seconda è rappresentata dalla costruzionedi un mercato,
- La terza dal reperimento di un pubblico che comperi prodotti di alto livello artigianale.
E’ possibile compiere questo lavoro?
Non esiste una strategia data vincente. Altri paesi membri della Comunità Europea con problematiche simili a quelle italiane, ad esempio la Francia, hanno dato da tempo avvio al loro lavoro.
L’Italia si presenta complessivamente ai blocchi di partenza, sebbene risultino eccellenze e come al solito iniziative localizzate, che hanno intrapreso un loro percorso, negando però di fatto al contempo una condizione essenziale, fare sistema in una unica identità: Made in Italy.
A livello europeo sono rese disponibili risorse adeguate per dotarsi degli strumenti necessari a compiere tale lavoro, si deve capire se esistono già le capacità strutturate ad attingervi ed a farne il volano della ripartenza.
La Regione Lazio, seppure tardivamente, ha approntato con la L.R. 10/2007 un quadro legislativo di riferimento generale, che necessita però di adeguati strumenti di indirizzo e normativi, di cui alcuni sono indicati (disciplinare, albo degli espositori, bottega scuola),altri no:(classificazione dei mestieri d’arte, catalogo delle caratteristiche dei materiali, manuali delle procedure di esecuzione del lavoro, archivio dei modelli, repertori per la formazione, ecc). Più articolata e su più livelli è la descrizione del sistema di controllo politico-burocratico, ciò esplicita dove si è più pronti e dove meno.
Resta evidente pertanto che per poter intervenire efficacemente nel segmento produttivo dell’artigianato ed in particolare in quello con valenza artistica sia necessario dotarsi di strumenti
Adeguati di codifica per mestiere d’arte, in una parola di protocolli. Ulteriore aspetto da prendere in considerazione è definizione di una tassonomia dei mestieri d’arte. Dalle varie esperienze osservate ne emerge che può risultare opportuno declinarla in te livelli:
- Arte
- Mestiere
- Specializzazione
Un sistema organizzato in modo tecnico e scientifico, permetti di: definire adeguate e progressive metodologie di trasmissione delle conoscenze e delle competenze; operare nella manualistica, nella formazione ed in progetti transnazionali in modo sistematico e strategico; rispondere con efficacia alla devastazione che la globalizzazione sta producendo nel settore; operare correttamente alla promozione del settore:
- Rendendo chiara la definizione dei marchi di qualificazione
- Attivando indirizzate azioni di marketing del territorio
- Creando una commercializzazione mirata
- Operando in una rete globale come settore di un forte sistema a chiara identità
Al termine di questa riflessione resta da definire un aspetto fondamentale del tema:
La Localizzazione
A Roma, differentemente da quanto è avvenuto in tutte le altre città italiane, il rapporto tra la allocazione delle attività artigiane e la città ha avuto una sua storia del tutto singolare.
Roma è una metropoli, la maggiore città d’Italia per numero di abitanti e superficie del territorio urbanizzato.
Tracce del sistema produttivo della città passata, sono rinvenibili nella toponomastica. A partire dalla pianta di G.B. Nolli del 1748 una descrizione puntuale e censuaria della città di Roma rivela quale fosse la dislocazione di varie attività, ma all’epoca Roma contava circa 160.000 abitanti e le trasformazioni che seguirono in epoca Napoleonica e fino al 1870, quando Roma che contava ora circa 200.000 abitanti, divenuta capitale d’Italia, fu territorio di una enorme speculazione edilizia dalle dimensioni che in nessuna altra capitale Europea erano riscontrabili. Fu a seguito dei grandi sventramenti fatti nel tessuto della città molte attività artigianali furono trasferite verso le zone di periferia, alcune, come quelle legate all’uso agricolo di parti del territorio dentro le mura Aureliane, persero di consistenza e si spostarono fuori delle mura nel territorio del circondario, altre sostenute dal nuovo mercato determinato da una nuova classe sociale affacciatasi a Roma, la borghesia, si localizzarono in aree ben definite. Fu soprattutto la grande crescita edilizia del periodo a determinare le sorti di tutte quelle maestranze formatesi al servizio di una committenza di natura ecclesiastica e fondamentalmente statica che aveva caratterizzato il tempo precedente. E’ quindi nel territorio urbano ed extraurbano della città che si ritrovano gli elementi che caratterizzano lo sviluppo dell’artigianato in generale ed artistico in particolare di Roma.
Possiamo pertanto affermare che se si da come obiettivo la ricucitura del rapporto tra la cultura artigiana e la città, ciò si rende possibile individuando due luoghi di azione:
- Gli itinerari dell’Artigianato Artistico Romano
- La Città dell’Artigianato
Gli itinerari sono percorsi che segnalati in relazione al contesto etno-culturale della città e del territorio di sua influenza attraverso vie e rioni (via dei Baullari, dei Sediari, dei Cestari, dei Coronari, dei Falegnami, dei Librai, dei Conciatori, ecc.) ritrovando anche degli esempi importanti classificabili oggi come edifici di archeologia industriale (vedi Vetreria Sciarra, Birreria Peroni, Stabilimento Mira Lanza, ecc.), possa ricostruire il tessuto connettivo di una realtà socio economica che ha dato l’immagine della città in oggetti, decorazioni, costumi e quanto altro oggi riempie di gusto storico la città ma che nello stesso tempo rischia di divenire archeologia.
La città dell’artigianato è il luogo fisico di connessione di questa trama fisica e socioculturale della città e del suo hinterland, è lo spazio vivo della discussione, della comunicazione della vita, della ricerca e della sperimentazione, aperta all’ambiente urbano ed in relazione osmotica con esso.
E’ un Foro, quindi luogo centrale, mercato di beni fisici ed immateriali centro di ideazione e costruzione. Un luogo dove sia possibile riannodare i fili della ricerca d’arte europea, riprendendo il cammino da un percorso interrotto e ripartendo da quello della prima Bauhaus; quando Gropius, nel ’19 presentando il programma di Otto Barting, sottolinea l’importanza del ritorno al lavoro artigianale, prefigurando all’interno del lavoro massificato dell’industria l’autonomia della espressione in forma d’arte del lavoro.
E’ quindi uno spazio fisico di grande qualità che si deve pensare in linea con la nuova modernità ambientale, uno spazio che, sebbene sommariamente, possiamo abbozzare in idea coerente con l’obiettivo da raggiungere come superfici medie preventive da declinare in un piano per la fattibilità di massima:
Centro espositivo – mq 2500
Centro di documentazione – mq 5000
Laboratori – mq 2000
Biblioteca – mq 1500
Officine – mq 2000
Archivio – mq 4000
Magazzini – mq 3000
Museo – mq 2500
Ostello – mq 5000
Sale conferenze – mq 2000
Spazi di relazione – mq 4500
Sale video-informatiche – mq 1200
Aree di servizio – mq 10.000
documento a cura dell’Arch. Dionisio Mariano Magni