Vetrate artistiche, arte orafa, figurativa e restauro, architettura.
Insomma uno straordinario spaccato della creatività Made in Rome: la bottega della famiglia Guarnieri.
Intervista a Silvia Maria Guarnieri
La vostra è una famiglia di artisti, legata a doppio filo con la questione dell’artigianato artistico, vero?
É una famiglia di grande tradizione, abbiamo grandi collaborazioni con Bulgari, una vita fatta di lavori di alta qualità. per di più vantiamo la direzione di una galleria di artigianato, la Ars Laboramor, e quindi è chiaro che abbiamo a cuore la questione delle botteghe artigiane. Ad esempio abbiamo collaborazioni con lo studio di Picchiarini, per la realizzazione di molte vetrate della Casina delle Civette. Ma manca una politica culturale generale, perché tutte queste competenze andranno perse.
Tra gli elementi che avete e che fanno parte del percorso della Casina delle Civette, dov’è chiaramente evidente lo stile liberty, ed altri dove c’è un’introduzione al moderno si scorge un passaggio che lega questi lavori con la scuola moderna, con la Bauhaus, è interessante chiarire questo aspetto del cambio radicale di stili.
Mio padre che ha fatto il liceo scientifico, l’Accademia di Belle Arti, l’Accademia di San Luca e poi architettura. In quel periodo era uno degli allievi prediletti di Fasolo. Era chiamato manina d’oro e fu chiamato a fare il piano regolatore di Roma. Sicuramente ha avuto influenze molto contemporanee, era anche una promessa della scultura. Volevano fortemente che facesse lo scultore. Però ha continuato col disegno, la fluidità della sua mano è chiaramente distinguibile. Per ogni opera che veniva richiesta c’era uno studio approfondito sulla simbologia e poi, chiaramente, c’era la sua interpretazione.
Le vetrate realizzate dalla vostra bottega hanno resistito alle sollecitazioni del ‘900?
Le rispondo con un aneddoto. Nel ’90 facemmo una mostra al San Michele ed esponemmo dei disegni delle vetrate di Santa Maria delle Grazie di Benevento e capitò che un frate, che aveva ricevuto l’invito ed era venuto a vedere la mostra, osservando i bozzetti si rivolse a me chiedendomi: “Mi fa vedere le vetrate fatte nel ’42?” Perché furono installate in quell’anno e nel ’43 la guerra le ha distrutte”.
Ci sono altri aneddoti curiosi?
Certo, quello dell’Ospedale San Michele è uno dei migliori. Era il 1982, ci fu l’inaugurazione in pompa magna dei locali, erano presenti artisti, l’architetto che aveva realizzato il progetto, personalità, quando ad un certo punto durante la celebrazione mio padre si accorge che la pesante vetrata di protezione si era rotta. Poggiava sulla vetrata artistica di mio padre e sotto c’era il cardinale che ad officiare la cerimonia. Tutta l’inaugurazione proseguì con grande tensione. Ovviamente il vetro fu sostituito.
Qual è stata la committenza tipica della vostra bottega?
Istituti religiosi, ma anche molte lavori privati, cappelle, case gentilizie, molti lavori poi sono stati sviluppati con architetti in seguito a delle ristrutturazioni, perché prima c’era questo mercato. Ora il gusto è scomparso.
La committenza religiosa era una committenza colta?
Si, specialmente l’Opus Dei. Abbiamo fatto delle cose per loro a Bari, dipinte da mia figlia. Tutta L’Opus Dei è rimasta contenta.
Da dove vengono i vetri che utilizzavate in bottega?
I vetri soffiati utilizzati arrivavano dalla Germania e dalla Francia, da Praga, mentre dall’Italia non facevamo arrivare nulla.
Neanche da Murano?
No, nemmeno da lì.
Come si realizza il progetto di una vetrata?
Prima si procede con la realizzazione del telaio che contiene le vetrate. É il primo passo. Anche se sono dell’idea che potrebbero essere progettati insieme. Il disegno del telaio dovrebbe accompagnare il disegno della vetrata e non il contrario, si otterrebbero lavori con una sintonia ancora maggiore.
É giusto investire su queste conoscenze? Quanto conta il contesto per sviluppare le capacità artistiche?
Nascere e crescere in un contesto che stimola ed educa l’occhio all’arte, aiuta e favorisce la crescita intellettuale, educa e porta in automatico sapienza e cultura. Un bel luogo dove è piacevole lavorare favorisce il lavoro stesso, è evidente. Ma è possibile sperimentare e giocare con l’arte solo se in possesso di una cultura classica, altrimenti mancano le basi, si è meno liberi di sperimentare. In ogni lavoro presentato emergono sempre gli studi classici, e quella sensibilità che uno possiede emerge come una sorta di corrente filosofica, nascono così i pensieri più interessanti. Bisogna tornare ad investire nella cultura.
La vetrata può essere considerata un punto d’incontro fra varie discipline artistiche?
La vetrata è più recente rispetto all’oreficeria perché nasce intorno al 1000, sicuramente non prima. I mosaici di gusto bizantino hanno rallentato il processo di sviluppo delle vetrate, non servivano altre storie. In oriente si produceva un vetro più spesso, legato col gesso, oppure una variante con un legame di legno e colori. Solo dopo si è giunti al vetro soffiato, ma la vetrata è nata dal lavoro e dalle influenze di molte arti, come l’oreficeria, per citarne una.