“I soldati di una legione fantasma, di cui nel mondo antico non si seppe più nulla dopo una spedizione in Oriente, fondarono l’unico centro romano presente in Cina, ossia la città di Liqian, sito archeologico della provincia orientale di Gansu.
A parlare della scoperta della città e delle sorti dei legionari dispersi è il periodico Archeologia Viva nel numero in edicola. La legione scomparsa era al comando di Licinio Crasso, triumviro al pari di Cesare e Pompeo, che avviò una campagna contro i Parti in Turchia durante la quale il suo esercito fu sgominato e lui stesso venne decapitato.
Plinio racconta che i sopravvissuti caddero tutti prigionieri e furono trasferiti dai Parti in una regione al nord dell’attuale Afghanistan. Tuttavia, quando nel 20 a.c. Romani e Parti firmarono la pace e si accordarono per la restituzione dei prigionieri, i superstiti della sfortunata legione erano spariti nel nulla.
Al mistero avrebbe dato risposta Bau Gau, un cronista dell’Impero Han (206-220 d.c.). Secondo Bau Gau quegli stessi prigionieri vennero sconfitti da un condottiero cinese nel 36 a.c. Questi “stranieri” vennero deportati in Cina per difendere la strategica provincia orientale di Gansu. E’ qui che i superstiti della legione fondarono Liqian, nome con cui in Cina ancora si indica la romanità”.
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LA REPUBBLICA
PECHINO – CAI Junnian ha i capelli biondi, il naso aquilino e gli occhi verdi. Vive a Liqian, un villaggio al margine del deserto nella contea di Yongchang, nel Gansu. È un cinese, ma ha l’aspetto da europeo. I compaesani lo chiamano “Cesare”, lo prendono in giro e sono convinti che discenda da un’ antica famiglia romana. Il test del Dna ha stabilito che il 58% dei suoi geni sono occidentali. Nella regione è una celebrità. Mangia con i soldi di chi, con un vago sgomento, paga per vederlo.
Luo Ying è la copia di un gladiatore del Colosseo e per tutti è “Luoma”, il romano. Un’azienda di Shanghai, dopo averlo visto in tv, lo ha assunto come “uomo immagine”; per trattare con i clienti del Mediterraneo.
Il villaggio dimenticato dell’ Asia dove i cinesi hanno la faccia da romani sta diventando famoso e potrebbe custodire un segreto. Proprio qui, lungo le tracce cancellate della Via della Seta, si sarebbe persa una legione di 6000 soldati romani, guidati dal primogenito del generale Marco Crasso. Era il 53 a.c. e per la storia quei legionari, sfuggiti alla guerra contro i Parti, sono misteriosamente scomparsi.
I discendenti delle milizie di Crasso, decapitato dagli antenati dei persiani nei territori dell’ attuale Iran, si sarebbero stabiliti tra Tibet e Turkestan, oggi Qinghai, per evitare di essere eliminati dai guerrieri cinesi dell’imperatore Wu, dinastia Han. Furono i primi, involontariamente, a collegare Oriente e Occidente, travolgendo le convinzioni geografiche dell’ epoca.
Per antropologi e archeologi sarebbe la conferma di una scoperta rivoluzionaria: proverebbe che i due imperi più potenti dell’ umanità, il romano e quello cinese, non si limitarono a sfiorarsi grazie al commercio, ma entrarono direttamente in contatto. I libri di storia oggi raccontano che prima di Marco Polo, nel tredicesimo secolo, solo una visita di diplomatici di Roma, nel 166 dopo Cristo, riuscì a raggiungere Pechino.
Gli studiosi dell’ università di Lanzhou sono certi che presto i testi dovranno essere riscritti. Nel corso di una campagna di scavi hanno riportato alla luce a Liqian i resti di un’ antica fortificazione. Ha forma e sistema costruttivo uguali alle strutture di difesa seminate dai romani in Europa, Asia e Africa. Identica anche la canalizzazione dell’ acqua.
Un gruppo di antropologi ha scoperto che gli abitanti del villaggio, che non hanno mai viaggiato al di fuori della regione, adora i tori e organizza giochi simili alla tauromachia. Un esame genetico ha stabilito che alcune famiglie sono inspiegabilmente di origine caucasica, elemento che induce gli esperti a concludere che discendono dai legionari perduti dell’ esercito di Crasso.
La leggenda sta appassionando la Cina ed è sulle prime pagine dei giornali. Archeologi e antropologi italiani e cinesi, riuniti nel nuovo Centro di studi italiani dell’ Università di Lanzhou, in primavera amplieranno così gli scavi fino a ripercorrere verso ovest i 7000 km della Via della Seta. “Contiamo di dimostrare”– dice Yuan Honggeng, direttore del Centro – “che le relazioni tra i due più straordinari imperi della storia vanno anticipate di parecchi secoli”.
La cinesizzazione delle milizie scomparse solleva però anche scetticismo; “il Dna europeo degli abitanti di Yongchang” – dice Yang Gongle, storico dell’ Università Normale di Pechino – “non prova l’origine romana”.
Speranze e dubbi degli accademici non scoraggiano però l’entusiasmo popolare: i sosia dei legionari sono star di tv e giornali.
(Possiamo commentare l’articolo ricordando che le autorità cinesi non sono molto contente che dei cittadini cinesi si vantino di una prossimità col mondo europeo seppure antico, per cui non è facile, anche se fosse vero, che possano riscontrare l’agognato DNA occidentale mediterraneo.)
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CORRIERE DELLA SERA
NEL DESERTO DEL GOBI VIVE UNA POPOLAZIONE CON TRATTI SOMATICI ROMANI
Noi cinesi, discendenti delle legioni di Crasso.
Secondo gli studiosi di Pechino, in alcuni villaggi il 46% degli abitanti ha legami genetici con gli europei.
Il contadino Luo Ying: “Gli italiani mi somigliano”.
Ai confini del deserto del Gobi, in una modesta fattoria spazzata da un vento glaciale, a volte Luo Ying sogna l’ Italia: “Mi piacerebbe andare a vedere se i romani mi somigliano”.
Naso diritto e affilato, occhi castani, sopracciglia folte e statura alta, questo contadino cinese ventiseienne viene considerato un “europeo” dai propri vicini…
In questi villaggi del distretto di Yongchang, nella provincia di Gansu, sono qualche centinaio a presentare tratti somatici stranieri. Certi hanno capelli castani, rossi o ricciuti, altri hanno occhi chiari oppure un naso troppo grosso per essere Cinese. La carta d’ identità di Luo Ying è però categorica: lui è proprio d’etnia han, cioè cinese.
“Siamo cinesizzati da molto tempo” – afferma Song Guorong, il portavoce di questi cinesi non proprio come gli altri – “Ma noi discendiamo sicuramente dai legionari romani venuti qui duemila anni fa”.
A 7000 Km da Roma, la spiegazione è piuttosto sorprendente. Alcuni legionari romani sarebbero quindi vissuti in Cina tredici secoli prima di Marco Polo? Addossato ai monti Quinlan – al di là dei quali si entra in territorio tibetano – il villaggio di Zhelaizhai, una decina di chilometri a sud di Yongchang, domina il corridoio di Hexi, antico passaggio strategico della via della seta.
Dal 1994, un bizzarro padiglione dalle colonne doriche vi ospita un cippo commemorativo.
“Un tempo” – afferma Han Wenyang capo del piccolo borgo – “c’era una legione romana in questo posto, che si chiamava Liqian”.
Fu Homer Hasenpflug Dubs, un sinologo americano, a proporre per primo, nel 1955, questa spiegazione basata sugli scritti di Plutarco, di Plinio e sul libro degli Han dell est (dinastia cinese, 25-220 d.c.).
Ecco la sua teoria: nel 53 a.c. Marco Licinio Crasso, triumviro di Roma con Cesare e Pompeo, inizia una campagna contro i Parti con 42.000 uomini. Crasso viene ucciso a Carre, nell’attuale Turchia ed una parte delle sue truppe, caduta nelle mani del nemico, viene inviata in Asia centrale (Turkmenistan) per combattere gli antenati degli unni. Poi se ne perdono le tracce.
Nel 36 ac., un esercito cinese riesce per proprio conto a catturare la capitale degli unni (oggi Tashkent, in Uzbekistan) e ne fa decapitare il capo, il quale minacciava da anni il fianco occidentale dell’ Impero di mezzo. Fonti cinesi dell’epoca descrivono fortificazioni e formazioni di battaglia conosciute a quel tempo soltanto dai romani. I cinesi accettano la resa di un migliaio di combattenti e ne portano con sé 145, in cattività. Per Dubs, non c’ è dubbio: si tratta dei resti della legione perduta di Crasso.
Tratti somatici particolari. Restava ancora da localizzare Liqian. Nella primavera del 1989, uno storico cinese, Guan Yiquan, ed un ricercatore australiano, David Harris, identificano come sito più probabile Zhelaizhai. Guan Yiquan stava per pubblicare un lavoro sull’argomento quando morì, nel 1998.
Il manoscritto rimase poi in un cassetto, malgrado i tentativi del figlio di farlo pubblicare. Nel frattempo, diversi storici cinesi tentarono di demolire la tesi di Dubs.
All’università di Lanzhou, capoluogo del Gansu, lo storico Chen Zhengyi continua però a credervi. Nei mesi scorsi, ha fatto anche una nuova scoperta: Liqian in realtà dev’essere pronunciata “Lijian”; e si tratterebbe della trascrizione fonetica della parola latina “legio” (legione).
Il corridoio di Hexi è stata un’ importante via di passaggio per i mercanti arrivati dall’ovest, precisa Chen Zhengyi. Dunque, vi è sempre stata una mescolanza di popolazioni, ma solo la zona di Yongchang presenta una simile concentrazione d’abitanti dai tratti somatici così particolari. Nel 1999, alcuni genetisti venuti da Pechino hanno esaminato il sangue a 2000 persone provenienti dal paese. Secondo lo storico, il 46 per cento dei test ha rilevato una forma di legame genetico con gli europei; ma questo non dimostra ancora niente.
Contattati dall’ Università di Pechino all’inizio dell’ anno, alcuni genetisti italiani hanno ribattuto che le legioni erano costituite soprattutto da mercenari greci. A tutt’oggi, il mistero di Zhelaizhai resta totale. Da una decina d’anni, però, numerosi abitanti di quest’angolo perduto del Gansu si compiacciono di credere di aver forse avuto per antenati dei gloriosi legionari romani.
“Roma antica o meno, tutto ciò non è molto chiaro” – ammette Luo Ying con un sorriso da seduttore latino -. “Ma non trova che ci somigliamo, lei ed io ?”
La legione perduta è arrivata in CinaVicino al deserto dei Gobi, a un passo dalla Mongolia, c’è un paese i cui abitanti hanno tratti europei. Secondo una teoria, sarebbero i discendenti di una legione romana dispersa nel 53 ac.
Gu Jianming vive a Liqian, un piccolo centro a 300 chilometri dalla città più vicina, nel nord della Cina. <span style=”background-color: white;”>Quando è nata sua figlia è rimasto molto sorpreso nel constatare che aveva i capelli biondi. Li abbiamo tagliati, ma sono ricresciuti dello stesso colore. A scuola la chiamano ‘capelli gialli’. Gu Jianming non sapeva nulla, come nessuno dei suoi concittadini, di una teoria sviluppata da un professore di Oxford, Homer Dubs, negli anni Cinquanta, anche perché in epoca maoista questo genere di idee venivano rifiutate a priori.
Dubs aveva raccolto storie e leggende mettendo assieme una teoria per spiegare la strana diffusione di tratti caucasici a Liqian. Secondo Dubs tutto ebbe inizio nel 53 a.c., quando Crasso fu sconfitto dai Parti nell’attuale Iran.
Una legione dell’esercito romano allo sbando avrebbe perduto la strada e avrebbe cominciato a vagare fino ad arrivare in Cina. Dubs collegava questa ipotesi a documenti storici cinesi che racconterebbero della cattura da parte degli Unni, diciassette anni dopo, di 145 uomini che si schieravano “a lisca di pesce”, una formazione identificata nella “tartaruga” romana. Gli Unni erano un potente gruppo nomade multietnico stanziato tra la Mongolia e il nord della Cina, proprio nella zona in cui si trova Liqian. Ora una spedizione scientifica eseguirà dei test del DNA per verificare l’eventuale presenza di caratteri riconducibili alle popolazioni europee.
Questi test lavorano sul DNA mitocondriale e soprattutto sul cromosoma Y, la cui catalogazione dei marcatori ha già permesso l’elaborazione della storia della diffusione della razza umana nel mondo a partire dall’Africa 50.000 anni fa.
La strada di europei e cinesi si è divisa circa 35.000 anni fa, quando le popolazioni centro-asiatiche contraddistinte dal marcatore M9 si sono divise in popoli europei, siberiani e americani, contraddistinti dal marcatore M45, e in quelli est asiatici, contraddistinti dai marcatori M175 e M122. Trovare una forte percentuale di marcatori M45 o M173 negli abitanti del villaggio proverebbe l’origine europea.
Naturalmente più di questo non sarebbe possibile provare geneticamente, quindi l’ipotesi della Legione Perduta, che richiama alla mente le storie di “Harry Turtle” dove, difficilmente può trovare conferme definitive.
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LANZHOU – Quando i primi archeologi arrivarono a Liqian, nella provincia del Gangsu, rimasero immediatamente colpiti dall’aspetto degli abitanti del villaggio. Alcuni di loro avevano occhi grandi e verdi, nasi pronunciati e capelli biondastri. I loro tratti somatici erano europei, più che cinesi. Ma questa era solo la prima di una serie di sorprese. Perché, quando si misero al lavoro, gli archeologi scoprirono i resti di una fortificazione che aveva una struttura molto simile a quelle dell’antica Roma.
I fatti in questione risalgono al 1998. Qualche anno più tardi, gli abitanti di Liqian furono sottoposti a una serie di test genetici che evidenziarono le loro origini caucasiche. Alcuni studiosi, a quel punto, non ebbero più dubbi: era qui, in quest’area remota ai bordi del deserto del Gobi, che erano arrivati i 5.000 legionari di Crasso sopravvissuti alla disfatta di Carre.
E’ per confermare questa tesi, che lascia spazio a molti dubbi, che il Centro di studi italiani dell’Università di Lanzhou ha deciso di eseguire degli scavi lungo l’antica Via della Seta, il reticolo di percorsi che collegava due dei più grandi imperi dell’antichità. La speranza è di ritrovare i resti della legione perduta di Crasso, o quelli delle fortificazioni che i soldati romani avrebbero costruito durante la loro permanenza in Cina.
La leggenda della legione perduta di Marco Licinio Crasso, il generale romano che fondò il primo triumvirato con Cesare e Pompeo, parte dalla terribile sconfitta che i suoi legionari subirono a Carre. Era il 53 a.c. e l’esercito della Repubblica romana, forte di oltre 40.000 soldati, fu spazzato via da 10.000 parti. Anche Crasso fu ucciso nella battaglia, ma lo storico e filosofo Plutarco, nelle sue “Vite Parallele”, racconta che 5.000 romani riuscirono a sfuggire alla morte. Nessuno di loro, tuttavia, fece ritorno a Roma. Da qui l’ipotesi che si siano spinti ad Oriente, arrivando fino all’attuale provincia cinese del Gangsu.
Gli archeologici cinesi non sono i primi a ipotizzare questa tesi. Nel 1957, nel suo studio “A Roman City in Ancient China”, il sinologo statunitense Homer H. Dubs si spinse anche oltre, arrivando a ipotizzare che intorno al 35 a.c. vi fu uno scontro sul fiume Talas tra soldati cinesi e soldati romani. Fonti cinesi parlano di una formazione a scaglia di pesce, che secondo Dubs sarebbe la classica formazione a testuggine utilizzata dai romani. E sempre secondo Dubs, i soldati in questione sarebbero quelli sopravvissuti, 18 anni prima, alla disfatta di Carre.
Una tesi, quella di Dubs e degli archeologi cinesi, che è certamente affascinante, ma che è ancora lontana dall’essere provata. Gli indizi a favore non mancano. Tanto per dirne una, il villaggio dove vivrebbero i discendenti dei legionari di Crasso, Liqian, ha un nome molto simile a quello utilizzato nella Cina antica per indicare l’Impero Romano, vale a dire Lijian. E poi ci sono i test genetici, che proverebbero che in una manciata di cinesi di oggi scorre il sangue dei romani di un tempo.
Ma si tratta, per l’;appunto, soltanto di indizi. E di indizi che possono essere tutti confutati. I test genetici, ad esempio, mostrano esclusivamente che gli abitanti di Liqian hanno discendenze caucasiche. Ma non hanno discendenze caucasiche anche gli uiguri, gli abitanti della vicina provincia della Xinjiang?
Eppure gli uiguri non sono imparentati con gli antichi romani, ma con i turchi.E chi può provare che le tracce di sangue caucasico non derivino dai mercanti che, partendo da Occidente, sono arrivati in queste aree in epoche successive a quella dell’antica Roma? Marco Polo, ad esempio, arrivò da queste parti 1.300 anni dopo la disfatta di Carre.
Si può dubitare anche dell’indizio dell’antica fortificazione di Liqian, dall’aspetto vagamente romano. A Liqian vi sono soltanto un cumulo di rovine da cui non è possibile carpire alcuno stile architettonico. L’unica cosa riconoscibile è la pianta della fortificazione, che si snoda attraverso strade perpendicolari, ma questo è un particolare che accomuna le città dell’antica Roma con quelle di diverse dinastie imperiali cinesi.
Eppure è fuori di dubbio che l’impero romano e quello cinese avessero una reciproca conoscenza dell’esistenza dell’altro. Le merci dell’uno arrivavano, attraverso l’Asia Centrale e il Medio Oriente, fino ai mercati dell’altro: ne sono un esmpio le sete che venivano indossate dai patrizi romani, in un tempo in cui era la Cina l’unico luogo in cui si confezionava il prezioso tessuto. Sembra inoltre quasi accertato che, a partire dai primi anni del II secolo d.c., diversi inviati romani siano giunti nel Regno di Mezzo, come testimoniano le fonti del tempo.
Ma affermare che una legione romana si sia stabilita in Cina nel 53 a.c., e che quella legione fosse formata dai resti dell’esercito romano sconfitto a Carre, è un’ipotesi che rimane piena di dubbi. Gli scavi archeologici dell’Università di Lanzhou mirano a dissiparli. Ma non sarà un’impresa facile.
Straordinaria scoperta!
Ora capisco la vera aspirazione di chi esce di casa… per entrare nella leggenda!
Tutto fu possibile perché quei “romani” non avevano ideologie da esportare… forse!
Wirklich interessante Entdeckung, die mich an eine ähnliche Sensation denken läßt bzgl. der Nachkommen der Amazonen, die in der Mongolei sich aber eher als Kasachen bezeichnen…Kinder mit blonden Haaren und grünen Augen und einer eher europäischen denn asiatischen Physionomie.
Ich bin gespannt, was die weiteren genetischen test ergeben werden und inwiefern man nachvollziehen kann, ob es sich um die verschwundene Legion handelt. Vielleicht findet man neben den noch gelebten Traditionen und Bröuschen auch noch Überreste, nicht nur von der römischem Vorbild nachempfundenen Festung, sondern vielleicht Kultgegenstände…
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