Il 1° dicembre 1962 di prima mattina squillò il telefono.
Era mio padre Romeo Guarnieri che disperato annunciava di essere andato a Studio – molto presto perché avevano del lavoro urgente da finire e consegnare- ed avevano trovato i sigilli alla porta (di cui possiedo ancora la chiave).
L’edificio era stato dichiarato pericolante: nessuno poteva entrare.
Per mesi mio padre e Carlo D’Alessandri rimasero fuori dalla bottega d’arte che per quarant’anni era stata la loro vita, senza poter prendere una matita, un pennello, un po’ di vetro… nulla.
Da Porta Portese i bancarellari andavano – indisturbati – con il carrettino a far man bassa di tutto ciò che poteva essere venduto. Loro entravano, noi no.
Fortunatamente il vetro si rompe e disegni e cartoni erano troppo identificabili per poter essere esposti. Le attrezzature, i ferri del mestiere ed un po’ di vetro commerciale, comunque sparirono.
Questo accadeva anche al marmista; al fonditore di statue … (aveva fuso opere dei grandi maestri dell’epoca, ed era anche lui un Maestro); al mosaicista.
Tutti al San Michele a Ripa Grande erano dei Maestri nella loro arte.
C’erano state un tempo le Scuole d’Arte per i “trovatelli”, poi chiuse le Scuole, erano rimaste le botteghe ai vecchi insegnanti.
Come si lavorava alla Scuola della Vetrata al numero civico 22 di Via di San Michele. La “Scuola della Vetrata” occupava il piano terra, dove era accatastata la legna ed il forno di cottura, ed il piano, cosiddetto nobile.
Dove ora si trova l’ufficio del direttore generale, c’era lo studio di mio padre (una volta indicai al prof. Sisinni dove c’era uno sgabuzzino, bussando alla parete suonò a vuoto, avevano lasciato il vano); tutti gli altri locali erano laboratorio con le pareti tappezzate di campioni di vetrate, disegni, idee… Tutto era una fucina d’idee.
La cottura del vetro era un vero rito, non c’era il forno elettrico con il termostato: si accendeva la catasta di legna sotto il vetro dipinto da cuocere, e -per ore – si controllava il colore del vetro che “montava” man mano che il calore aumentava.
Arrivato al punto di colore giusto (esattamente come si fa con il colore del bordo del crogiuolo per la fusione dell’argento) si allargava il fuoco, perché scemasse il calore e si raffreddasse il vetro: occorrevano due giorni.
Il resto era soltanto preparazione, studio e abilità professionale che si poteva “gustare” ed apprendere soltanto con la quotidiana vicinanza dei Maestri. Allora si diceva che il mestiere “si ruba con gli occhi”, niente di più vero!
Le vicende de Complesso del “San Michele a Ripa Grande” sono note a tutti.
Doveva essere una speculazione edilizia, fortunatamente bloccata; doveva essere la Biblioteca Nazionale, ma non avrebbe retto il peso dei libri …
Ora è Il Ministero dei Beni Culturali.
La mia prima lettera, per ripristinare le Botteghe d’Arte, risale al 1984.
Da allora abbiamo incontrato quattro ministri dei Beni Culturali, avuto incontri con direttori generali, segreterie di partiti, sindaci ecc. NULLA.
Soltanto lettere, proclami sulla stampa, rimpallo di competenze tra un Ministero e l’altro …. poi ci siamo stancati.
Tutti questi documenti saranno pubblicati nel libro in fase di stesura.
Ora i discendenti, sia Guarnieri che di D’Alessandri, continuano la loro arte, come “Studio Guarnieri” e come “Vetrate Artistiche Ballanti” collaborando spesso e tenendo ristrette conferenze dimostrative ad Associazioni Culturali ed Università straniere (ovviamente).
Distintamente
prof. Oscar Guarnieri
Grazie Oscar, per essere riuscito a tramandare questa insistituibile voglia di essere attorniati dal bello e dalla capacità espressiva di quei pochi che hanno avuto il dono di possedere la gioia di conoscere ed appropriarsi di un’arte come hai fatto tu. Mi inorgoglisce averti conosciuto e frequentato e ti ringrazio per avere aperto la mente di mio padre per approfondire le conoscente culturali ed artistiche mie e di mio fratello facendoci proseguire negli studi artistici.
Un abbraccio profondo e rispettoso per te e per la tua arte
Aldo
Buongiorno, la ringrazio per la testimonianza (sono sempre preziose) io sono la figlia di uno dei due titolari della fonderia che operava al San Michele e nel 62 avevo sette anni, ma ricordo bene quel periodo che per noi fu difficile da superare. La fonderia fu spostata in via del Mandrione e continuò a lavorare fino a metà degli anni 70.
Un saluto ed un ringraziamento.
Anna Nicci
buonasera, sono Massimo Mazzone, scultore, docente all’Accademia di Brera; vorrei contattare la signora Anna Nicci ma non so come fare, se qualcuno può aiutarmi scrivete a massimomazzone@fadbrera.edu.it
Buongiorno Sig.ra Nicci,
sono Livia Sforzini e sono una restauratrice in servizio al MIC, presso l’Istituto Centrale per il Restauro di Roma, in via di San Michele n. 25. Ho appreso solo di recente la storia del complesso e delle fucine artistiche che lo popolavano, tra cui quella appunto appartenente alla sua famiglia. Mi occupo di restauro di manufatti metallici e le sarei davvero grata se fosse possibile mettermi in contatto con lei. Mi piacerebbe conoscere meglio la storia della Fonderia Nicci.
La ringrazio per l’attenzione e resto in attesa di una sua gentile risposta.
Livia Sforzini, livia.sforzini@cultura.gov.it