Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa significativa e puntuale testimonianza di Claudio Franchi, Argentiere e Storico dell’Arte, già Presidente dell’Associazione Arti e Mestieri di Tor di Nona, che da decenni vive da protagonista – anche con la sua Bottega “Franchi Argentieri” presente dal 2004 al civico 60 – la “storia” infinita del progetto di riqualificazione delle Botteghe Artigiane in quel di Via di Tor di Nona, nel cuore storico di Roma.
Il titolo di questi appunti è tratto dal testo in corso di pubblicazione a firma dello scrivente che descrive in modo analitico e ampiamente documentato le complesse vicende dei tentativi (puntualmente falliti) di riqualificazione della zona di Tor di Nona dal 1985 ad oggi.
Un progetto di riqualifica degno degli obiettivi che si pone non può prescindere dalla conoscenza e dalla storia che ne ha determinato gli esiti attuali. Pertanto il testo – e in modo sintetico questi appunti – si pongono il fine di contribuire a colmare le evidenti lacune mostrate in questi anni dalle Amministrazioni che si sono succedute nel tempo e che hanno affrontato (quando lo hanno fatto) il complesso problema in modo troppo parziale e inefficace.
Gli immobili oggi di proprietà comunale di via Tor di Nona e zone limitrofe, sono conseguenza di un esproprio del Governatorato di Roma del 1939.
L’esproprio prevedeva l’abbattimento degli immobili con lo stesso destino della spina di Borgo che oggi è identificabile in via della Conciliazione.
L’abbattimento degli immobili non venne poi eseguito e la zona venne abbandonata al degrado, fino a quando negli anni’70 movimenti studenteschi e associazioni di cittadini costrinsero l’amministrazione del tempo ad una riqualifica urbanistica che si occupò del restauro degli immobili.
Per la natura dell’esproprio, e appartenendo quindi a quello che in questi casi viene definito “Patrimonio indisponibile”, appartamenti e botteghe furono destinati all’edilizia popolare e a progetti di riqualifica sociale.
Le botteghe del tempo vennero quindi destinate agli artigiani delle diverse discipline dei mestieri, con una particolare attenzione allo scopo sociale degli immobili attraverso canoni di locazione calmierati, generando uno stretto rapporto di comunanza con gli abitanti di edilizia popolare.
Nel 1985 l’Amministrazione decise che i canoni di locazione delle botteghe andavano rivisti in considerazione dell’appartenenza ad un tessuto di pregio, per l’appunto quello del Centro Storico di Roma.
Ma l’Amministrazione non aveva fatto i conti con la sostenibilità di questa scelta e in breve tempo gli artigiani chiusero le botteghe non potendo sostenere canoni di affitto così alti, lasciandole ostaggio di occupazioni abusive che si sono protratte per oltre venti anni.
Questo è stato il primo grave episodio di distruzione del tessuto artigianale di pregio del centro storico di Roma ad opera di un’Amministrazione.
Tra l’altro a posteriori si può dire che nel tentativo di fare cassa, aumentando i canoni di locazione, l’amministrazione capitolina ha rinunciato a vent’anni di canoni, poiché le botteghe sono state oggetto di occupazioni abusive.
Nel 2001 l’Amministrazione Comunale operò il tentativo di un esperimento di gara di assegnazione delle botteghe che andò miseramente fallito. L’Amministrazione capitolina pretendeva di risolvere il problema dei locali occupati abusivamente, caricando dell’onere di recuperare il locale al potenziale vincitore del bando. Ovviamente l’asta andò deserta.
Nel 2003 l’Associazione Regionale Romana Orafi, nella persona dello scrivente come ideatore del progetto, e nel ruolo di Vice Presidente, presentò al Sindaco Walter Veltroni e all’Assessore Daniela Valentini, una ipotesi di riqualificazione della via con il nome di “Progetto per la realizzazione di un Centro Polifunzionale di Arti e Mestieri”.
L’occasione di risolvere le occupazioni abusive con un progetto tanto prestigioso venne colto immediatamente. Veltroni e Valentini definirono le assegnazioni a 16 artigiani con una Delibera dedicata definita “L’angolo delle botteghe della tradizione”.
Con gli assegnatari, Veltroni e Valentini stabilirono che i canoni sarebbero stati simbolici e che gli stessi assegnatari avrebbero dovuto mettere in sicurezza i locali e ristrutturarli a proprie spese, che queste spese sarebbero state riconosciute dall’Amministrazione.
In seguito questi impegni furono disattesi, in concreto agli artigiani arrivarono richieste di canoni di affitto tutt’altro che simbolici e nessun riconoscimento delle spese di ristrutturazione sostenute.
L’operazione di riqualifica era servita a liberare Tor di Nona dagli occupanti abusivi, ma a spese degli artigiani!
Nei tre anni successivi lo scrivente, nel ruolo di Presidente della neonata Associazione Arti e Mestieri di Tor di Nona, avviò un fitto dialogo con gli organi politici e amministrativi, con il fine di tentare di risolvere il corto circuito che si era generato a danno degli assegnatari.
Questa attività di relazione culminò con la Memoria di Giunta del 2007 dal titolo “Completamento del Progetto di Tor di Nona”, a firma degli Assessori alle Politiche del Patrimonio Claudio Minelli e dell’Assessore alle politiche dell’Artigianato Gaetano Rizzo.
Nella Memoria si dava mandato ai competenti Dirigenti dei Dipartimenti di rivedere i canoni di affitto sulla base degli accordi presi in sede di assegnazione e per il riconoscimento delle spese di ristrutturazione. Ma dai rispettivi Dipartimenti questo richiamo non venne accolto e tutto rimase sospeso.
Con l’avvento della Giunta Raggi lo scrivente produsse il tentativo di riattivare il progetto del 2003, che nel frattempo vedeva Tor di Nona di nuovo immersa tra degrado e desertificazione. Grazie ad una specifica relazione di comune interesse per il progetto di riqualifica tra lo scrivente e l’Ing. Cristiano Alviti, quest’ultimo operante presso l’Assessorato delle Attività Produttive alle dipendenze dell’Assessore Cafarotti prima e Coia poi, si avviò l’operazione di stesura di un Bando per il “Distretto delle Arti e dell’Artigianato”.
Alla collaborazione fattiva di idee tra lo scrivente e Cristiano Alviti si aggiunse quella di Cristiano Mandich, che arricchì l’ipotesi progettuale con un progetto di comunicazione che poteva essere finanziato da sponsor privati.
Nella fase definitiva della stesura del bando, nell’anno 2019, un solerte Dirigente del Dipartimento Patrimonio, l’Ing. Pepe, pensò bene di spedire missive ricattatorie di messa in mora per presunti canoni di affitto arretrati non corrisposti. Tali missive furono indirizzate a quattro delle sette botteghe ancora presenti dalle assegnazioni del 2003.
Di fatto, nonostante le continue pressioni dell’Associazione Tor di Nona, il risultato di un nuovo impegno formale preso dall’Amministrazione con la Memoria di Giunta del 2007 per la risoluzione delle problematiche relative ai canoni e alle spese di ristrutturazione, l’Amministrazione applicava la nota attitudine bipolare: la mano destra non sapeva cosa faceva la mano sinistra. Da una parte accoglieva le istanze del sottoscritto e il contributo di idee per il nuovo Bando, dall’altra ricattava gli artigiani con la richiesta di cifre non sostenute da nessun accordo o patto scritto.
Ad oggi la situazione vede i quattro artigiani in causa con Roma Capitale, con due delle quattro cause che hanno già visto Roma Capitale sconfitta e condannata al risarcimento, mentre per le due restanti botteghe, pur essendo le cause ancora in essere, le relazioni dei rispettivi CTU sono in linea con le cause già vinte dagli artigiani in precedenza.
Ciò significa che in tutti questi anni l’Amministrazione con la mano sinistra dichiarava di voler riqualificare Tor di Nona aiutando gli artigiani, mentre con la mano destra produceva il tentativo di schiacciare gli stessi artigiani con richieste di cifre di canoni non sorrette da nessun accordo stabilito in sede di assegnazione.
Tutto ciò fino a giungere ai giorni nostri, con la montagna che partorisce un topolino: quattro anni per definire un bando di riqualifica (il periodo della Giunta Raggi); sette anni (sono queste le previsioni) per l’assegnazione di dieci delle trenta botteghe di proprietà comunale, ovvero dalla vittoria del bando nel 2021 gli artigiani che vantano questo diritto dovrebbero poter entrare nelle botteghe alla fine del 2027.
In totale 11 anni di incomprensibili lungaggini, un pezzo importante di mestiere e relazioni per un artigiano, un mero numero per un Dirigente Amministrativo e per un politico, ecco spiegato in breve la siderale distanza tra le reali necessità di un cittadino e le risposte (inefficaci) di una classe dirigente.
La sintesi di tutta questa storia può definirsi nel disastro e nell’inefficacia dell’azione politica che nulla può di fronte alla pesante, inefficiente, retriva e autoreferenziale macchina burocratica amministrativa.
Tutte le dichiarazioni fatte a livello mediatico dalla politica amministrativa capitolina, riguardo alla volontà di difesa delle attività artigianali di pregio, si rivelano false e prive di sostanza.
Claudio Franchi
Argentiere e Storico dell’Arte
Già Presidente dell’Associazione Arti e Mestieri di Tor di Nona






Ciao Claudio, ciao Carlo, tutti, grazie per la pubblicazione.
Oggi più di prima sono incredulo, dopo aver lasciato il mio incarico per decadenza della Giunta Raggi nell’ottobre 2021, avendo lasciato con la stessa Giunta il progetto approvato, la ricognizione e la progettazione preliminare per l’adeguamento dei primi 10 immobili-botteghe (di un lotto di 30 destinati al progetto) con a bilancio € 500.000 (cinquecento mila!) per la loro ristrutturazione, con il gruppo di 17 (poi divenuti 16 per decesso) assegnatari abbiamo cercato in tutti i modi di far partire i lavori, a oltre 4 anni dall’insediamento dell’attuale giunta si è ottenuto che per ristrutturare 10 immobili servono € 1.000.000 (un milione!). Una media di € 100.000 a immobile di 30mq!
Mi chiedo, se proprio sono così aumentati i prezzi addirittura per raddoppiare la somma necessaria, non potevano almeno partire già da inizio 2022 a ristrutturarne 5 di immobili? Ovvero la metà di quelli per cui i progettisti avevano stillato i costi? Perché nessuno di questa amministrazione e della politica che la prova a governare ha pensato a una cosa così semplice e banale per dare un segnale e dire: ”non facciamo solo chiacchiere, proclami e carte, ma facciamo qualcosa” tra l’altro con il Sindaco allo stesso tempo Commissario straordinario per il Giubileo, avrebbero potuto sfruttare gli iter semplificati inserendo il progetto nel piano di lavori Giubilare: Tor di nona è da sempre stata la fabbrica di opere d’arte dei Pontefici, più connessione di così con il Giubileo non si poteva! Cultura immateriale a servizio della città! No solo stadi e ponti a Tor Vergata. Niente, nessun neurone si è acceso dentro questa amministrazione capitolina perché evidentemente non hanno avuto alcun motivo per accenderli. Siete poche perle rare, contate politicamente meno dei bancarellari e dei food truck. Questo è, ahimè, un triste epilogo che, sappiate, mi duole il cuore scrivere, perché era tutto apparecchiato, la palla era alzata, dovevano solo schiacciarla dentro il campo. Con vicinanza e fratellanza, da imprenditore che come voi lotta in questa nuvola di indifferenza, non mi arrendo nel credere che tutto ciò che è stato possibile fare non venga compiuto nei tempi necessari.
Sarebbe da posticipare i loro stipendi di 11 anni, poi vedi come si sbrigano a lavorare. Che vergogna. Un caro abbraccio per ciò che siete, e il valore che rappresentate. A presto, Cristiano Alviti
riceviamo e pubblichiamo:
L’angolo polemico
di Claudio Franchi
Argentiere e Storico dell’arte
Tor di Nona si fa plasticamente mezzo di propaganda, marchetta elettorale, non diversamente da molte altre analoghe situazioni del genere. L’esaltazione troppo parziale e fuorviante di un Distretto che promette il puntuale richiamo (mai reale e veritiero) di un presunto e non identificato artigianato artistico, esplicita una tipica attitudine della politica nostrana (e non solo) a dispensare notizie funzionali all’esaltazione della politica “che comunica”, dando in pasto al pubblico ( Trilussa lo definiva “er popolo cojone”) la notizia “mirabile”, il “grande risultato ottenuto” che viene implicitamente inteso come facile mezzo per manipolare l’opinione pubblica.
La notizia avviene nel mezzo tipico, la conferenza stampa, il cui fine non è il contraddittorio ma la semplice comunicazione unilaterale, poco importa quale sia il contesto più ampio, la reale portata della notizia e se la stessa sia effettivamente foriera di grandi risultati ottenuti.
Nulla di nuovo sotto il sole.