Nel corso dei secoli XVI e XVII, il problema della mendicità e del vagabondaggio in Italia, come nel resto dell’Europa, costituisce un fenomeno la cui vastità e imponenza sono evidenziate dalla nascita di organizzazioni stabili di mendicanti legalmente riconosciute.
In questo contesto, nella Roma papale, si inserisce l’iniziativa di Sisto V che fonda, nel 1587 presso Ponte Sisto, l’Ospizio dei Cento Preti.
Altre iniziative del genere nascono negli anni successivi: una di queste è la creazione del Conservatorio dei Ragazzi, istituito da Tommaso Odescalchi nel 1673 con sede in piazza Margana e trasferito poi in Ripa Grande, dove nel 1686 sarebbe sorto il primo embrione dell’Ospizio Apostolico del San Michele.
Con il pontificato di Innocenzo XII Pignatelli (1691-1700), per la prima volta si affrontano le problematiche connesse all’assistenza pubblica mediante un piano organico che si propone la rieducazione professionale dei giovani. L’opera di riforma del papa inizia con il Breve del 20 maggio 1693. Con il provvedimento, che enuncia le ragioni sociali e religiose che sono alla base del suo programma, nasce l’Ospizio Apostolico San Michele.
Il programma include il progetto della grande Fabbrica che nel volgere di 35 anni raggiungerà quasi i due terzi dell’attuale sviluppo.
Le vicende costruttive seguono un corso, 150 anni, estremamente tormentato, caratterizzato da frequenti ripensamenti progettuali e lunghi periodi di stasi.
Il primo nucleo, costruito tra il 1686 ed il 1689 su progetto di Carlo Fontana e Mattia de’ Rossi sotto il pontificato di Innocenzo XI Odescalchi, comprende un corpo di fabbrica a quattro piani sul Lungotevere, dotato di due ali basse che racchiudono l’attuale Cortile dei ragazzi, il cui nome deriva dalla originaria funzione dell’edificio, destinato al ricovero ed alla rieducazione degli orfani giovani e bisognosi.
Nel 1693 è commissionato a Carlo Fontana l’ampliamento del fabbricato: all’edificio esistente viene aggiunto, lungo il muro di cinta su via di S. Michele, un corpo di fabbrica ad un piano, adibito a lanificio.
Nel 1701 per iniziativa di papa Clemente XI Albani, sempre su progetto di Fontana, inizia la costruzione del Carcere di correzione maschile, ispirato alla tipologia conventuale e terminato nel 1704.
In tempi successivi sono costruiti: il nuovo corpo di fabbrica di fronte alla Porta Portese (1706-1709), adibito a stanze da affittare e, in seguito, a Caserma dei Doganieri; la Chiesa della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo nel Cortile dei Vecchi (1710); la Chiesa della Madonna del Buon Viaggio (1712), sul Lungotevere.
Alla morte di Carlo Fontana (1714) la direzione dei lavori passa all’architetto Nicola Michetti , cui si deve la realizzazione del prospetto modulare sul Lungotevere.
Nel 1734, Clemente XII commissiona a Ferdinando Fuga il progetto per il Carcere femminile, a ridosso della Caserma dei Doganieri e prospiciente piazza di Porta Portese. Nel 1796 il complesso fu ultimato da Nicolò Forti con il completamento del Conservatorio delle “Zitelle”.
Tra il 1831 e il 1834 lavora nella fabbrica Luigi Poletti, che costruisce due bassi edifici adibiti a laboratori per la lavorazione dei marmi e dei metalli, nella zona compresa tra il Carcere maschile e il Lungotevere, e completa i lavori della Chiesa Grande.
Con l’Unità d’Italia inizia per il San Michele un inevitabile declino, caratterizzato dall’interruzione delle attività assistenziali, non più sostenute dai benefici papali.
Chiudono progressivamente le scuole d’arte e nel 1938, con la creazione del nuovo Istituto Romano San Michele a Tormarancia, viene abbandonata definitivamente la vecchia sede.
Oggi il complesso è sede di alcuni Uffici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, preposti alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale nazionale.
Il complesso del San Michele
Via di San Michele, 22 – 00153 Roma
Il Complesso Monumentale di San Michele a Ripa Grande, oggi sede di Uffici del Ministero per i beni e le attività culturali, nasce nel 1686 come Istituto Apostolico San Michele, sotto il pontificato di Innocenzo XI Odescalchi.
L’Istituto, il cui primo nucleo fu progettato dagli architetti Carlo Fontana e Mattia de’ Rossi, era destinato ad accogliere e rieducare giovani orfani e bisognosi.
Le vicende costruttive della Fabbrica del San Michele ebbero un andamento discontinuo nel corso di 150 anni che portò a vari ripensamenti progettuali permettendone il compimento soltanto nel 1834.
La Chiesa Grande, ideata da Carlo Fontana nel 1706, occupa il fulcro geometrico della Fabbrica.
Il progetto, non realizzato nel suo schema originario, prevedeva una planimetria a croce greca, di assoluta regolarità, per permettere la partecipazione di tutti gli ospiti alle funzioni liturgiche.
In Europa, l’Istituto Apostolico venne considerato un modello di organizzazione di assistenza pubblica, ospitando nei singoli edifici che lo componevano oltre gli orfani e i ragazzi bisognosi, i vecchi e le ‘zitelle’.
A tale originaria funzione di ricovero e correzione dei soggetti sociali più deboli si affiancò contemporaneamente quella educativa, mediante l’istituzione di Scuole di arti e mestieri e l’avvio di manifatture che ebbero grande floridezza fino al 1870, quali il lanificio, istituito nel 1703, l’arazzeria, la stamperia ed una Scuola per le arti liberali, in cui insegnarono personalità artistiche di rilievo.
La Chiesa Grande
Chiesa grande, zona absidale
La grande Chiesa, dedicata alla Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, ubicata nel fulcro geometrico della fabbrica, viene ideata da Carlo Fontana con una pianta a croce greca che risponde pienamente alla concezione organizzativa dell’Ospizio, nel quale è istituzionalmente esclusa la promiscuità tra le quattro diverse classi di assistiti: Ragazzi, Ragazze, Vecchi e Vecchie. Anche la Chiesa, che si costituisce come unico elemento di comunione, rispetta la regola e le quattro comunità rimangono confinate, ciascuna nel proprio settore, in uno dei quattro bracci della croce delimitati da cancellate nel punto di confluenza.
L’altare al centro permette la fruibilità da tutti e quattro i lati.
La scansione interna allude con i finti matronei a necessità di riqualificazione religiosa che caratterizza l’arte della civiltà cattolica settecentesca.
La scultura del Cristo benedicente è dell’artista Adamo Tadolini, che insegnò nella Scuola delle arti liberali del San Michele nella prima metà dell’Ottocento.
Chiesa grande, Arcangelo Michele, copia da Guido Reni
L’edificio, rimasto incompiuto a causa di una vertenza sulla proprietà terriera con le vicine monache di Santa Cecilia, si presenta attualmente con soli tre bracci; in luogo di quello mancante è stato realizzato un fondale neoclassico nella prima metà dell’Ottocento.
L’elaborazione spaziale di Fontana raggiunge nel complesso gioco delle volte effetti chiaroscurali e novità linguistiche prodotte soprattutto dall’adesione al classicismo del Barocco romano, mediato da esigenze funzionali proprie dell’architettura illuminista.
Oggi non possiamo più ammirare le ricche decorazioni in oro del coro che un tempo rivestivano le superfici della chiesa, e che rimangono vive nella memoria degli ultimi “ragazzi”, ospitati al San Michele prima del passaggio, nel 1938, nell’attuale sede di Tor Marancia.
L’Arazzeria
Pietro Ferloni, Romolo e Remo allattati dalla lupa, 1766
Il complesso del San Michele, oltre che luogo di ricovero, è stato sede di fiorenti attività artigianali dalla sua istituzione fino al 1870.
Nei primi anni di attività dell’Istituto i giovani apprendevano vari mestieri in laboratori di falegnameria, di rilegatura, di calzature, di cordami.
Il lanificio, istituito nel 1703, è la prima struttura basata su criteri professionali e si avvale soprattutto del lavoro dei detenuti nella Casa di Correzione.
Più tardi nascono un’arazzeria, una stamperia ed una scuola per le arti liberali.
Per garantire la commercializzazione dei prodotti artigianali del San Michele, lo Stato Pontificio adotta un sistema di monopolio, come nel caso del lanificio che, unico, provvede al rifornimento dell’esercito e della Camera Apostolica.
Il suo sviluppo è tale che il personale interno alla fabbrica, nel corso del ‘700, non è più sufficiente a far fronte alla domanda e si deve ricorrere al reclutamento di personale esterno all’Ospizio.
L’attività di maggior rilievo, però, nella storia del San Michele rimane la tessitura degli arazzi.
Personalità di spicco sono chiamate alla guida della Scuola da cui escono maestranze altamente qualificate.
Il progetto di formare un’arazzeria di Stato, perseguito da diversi pontefici:Giulio II della Rovere, Leone X, Clemente VII Medici e da Paolo IV Carafa fino ad Urbano VIII non si realizza se non con Clemente XI Albani. A lui si deve la fondazione dell’unica arazzeria dello stato pontificio che, assunto come marchio di fabbrica l’insegna di San Michele Arcangelo, sviluppa un programma ideologico coerente con la linea istituzionale e pedagogica, che aveva trasformato il San Michele nella sede di scuole professionali e d’arte. L’arazzeria, produttrice di manufatti commerciabili e di alta qualità estetica, acquista un’autonomia maggiore rispetto alle altre scuole.
Vincolata alla committenza dei pontefici, alle dirette dipendenze dei quali sono lavoranti stipendiati a differenza delle altre maestranze attive nell’Ospizio, l’arazzeria segue scelte stilistiche e iconografiche che dipendono dall’esigenza del pontefice di utilizzare gli arazzi come dono a delegazioni straniere o per le legazioni papali inviate all’estero. Alla fine del ‘700, inoltre, inizia la riproduzione degli antichi arazzi, per impedirne il deterioramento con la frequente esposizione nelle cerimonie liturgiche.
La Sala dello Stenditoio
Lo straordinario successo dei prodotti dell’Arazzeria induce la Francia, nel periodo dell’occupazione, a far chiudere la manifattura per eliminare la concorrenza alla produzione parigina dei Gobelins.
L’ambiente più scenografico dell’odierno complesso monumentale è costituito dalla Sala dello Stenditoio, funzionale in origine all’Arazzeria. Qui venivano stesi, per far fissare i colori, gli arazzi realizzati dalla manifattura di Stato.
La spazialità dello Stenditoio ripete le planimetria della chiesa, la stessa maestosità ulteriormente sottolineata dalla suggestiva copertura lignea, formata da una singolare capriata “a ombrello”.
Le Scuole di arti e mestieri
Per risolvere il gravoso problema della mendicità che affligge Roma fra il XVII e il XVIII secolo, all’Ospizio Apostolico viene demandato il compito di ricoverare i fanciulli indigenti, che vi imparano la dottrina cristiana, la lettura e la scrittura e a fare di conto, e poi vengono avviati alla pratica di qualche mestiere.
Il “successo” del San Michele è legato alla bolla Ad exercitium pietatis del 20 maggio 1693, emanata da Innocenzo XII, proprio per la fondazione dell’Ospizio Apostolico dei poveri invalidi di San Michele. La bolla, fra i vari ordinamenti gestionali, dispone che l’insegnamento impartito debba essere esclusivamente di carattere artigianale con la proibizione di insegnare “la grammatica e le scienze liberali”.
I primi anni di attività del San Michele non furono però molto tranquilli, soprattutto per l’inadeguatezza dell’ambiente romano a recepire una iniziativa così innovativa per i tempi e per la difficoltà di recuperare un corpo insegnante all’altezza del compito affidatogli. Soltanto con i metodi più efficaci adottati per la scuola da Clemente XI (1700-1721) l’istruzione professionale può dare migliori risultati.
Le scuole d’arte si sviluppano dopo il 1830 per volere di monsignor Antonio Tosti che in quell’anno assume la presidenza dell’Istituto.
L’Istituto viene così riorganizzato con una impostazione volta ad ampliare i settori d’insegnamento e le officine.
Si tratta di una conversione metodologica da un generico progetto di assistenzialismo pauperistico a un concreto impegno che inserisce l'”esperimento” San Michele nella storia della moderna sociologia.
Ludovico Antonio Muratori nel trattato Della carità cristiana (1723) definisce proprio in questo senso il complesso: “il maestosissimo è veramente Reale Ospizio di San Michele…..una delle meraviglie di Roma” e “la casa della correzione per li fanciulli e giovani Discoli, cioè un santo instituto della carità che dovrebbe desiderarsi in ogni città”.
In questa ottica, acquista particolare valenza l’iter delle scuole artistiche del San Michele che se all’esordio forgiano una classe di artigiani impegnati nell’ incisione, nella fusione del rame, nella scultura, nella pittura, nella tessitura dei filati, nella decorazione in stucco e in mosaico, nella musica, nella stampa dei libri, sotto l’impulso della personalità del cardinal Tosti si trasformano in una fucina accademica di artisti: un momento di splendore mai più raggiunto in seguito anche sotto la direzione del monsignore Mastai Ferretti, salito poi al soglio pontificio come Pio IX.
L’ampliamento degli insegnamenti voluto dal Tosti, l’illuminata collaborazione del Canova e il proficuo legame con l’Accademia di S. Luca fanno partecipare al programma didattico innovativo, personalità come Luigi Poletti, Adamo Tadolini (a cui si deve la scultura del Cristo benedicente nella Chiesa Grande), Francesco Giangiacomo ma soprattutto Vincenzo Camuccini, figura di riferimento per la formazione accademica delle nuove generazioni neo-classiche. Escono dal San Michele artisti come Alessandro Ceccarini, Luigi Amici, Fabio Altini, Michele Tripisciano, Leopoldo Ansiglioni ed Ercole Rosa, uno dei più celebri ex allievi, interprete delle esigenze post-risorgimentali della Roma umbertina.
Nell”800, anche la scuola d’incisione, sotto la guida del Giangiacomo e di Domenico Marchetti acquista un ruolo fondamentale formando grandi incisori: Paolo Mercuri, Luigi Calamatta, Leucio Quirino Lelli, tutti affascinati dal mito raffaellesco.
A Mercuri, direttore della calcografia camerale dal 1847, si deve il progetto, approvato il 4 aprile 1850, di tradurre in incisione tutti gli affreschi di Raffaello in Vaticano. La risonanza europea di Mercuri si accompagna al successo dell’irrequieto e più famoso Calamatta: mazziniano sedotto dal classicismo di Ingres, fu a Parigi e a Bruxelles, dove nel 1836 fu chiamato alla direzione della scuola.
La novità della funzione sociale della “cittadella” San Michele è nell’impronta educativa, oltre che correttiva, da lasciare soprattutto nei giovani ospiti, che devono imparare un mestiere, impegnarsi in un’attività artigianale. Attività che, per impulso del cardinal Tosti, si trasformerà in accademia e scuole d’arte.
Ancora oggi nella sede attuale dell’Istituto a Tor Marancia sono conservate memorie del percorso artistico che in tutti i settori, soprattutto nell’ ‘800, riuscì a dare nomi alla storia dell’arte e delle tecniche artistiche.